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Questi testi sono presenti nel volume "IDEA ASSURDA PER UN FILMAKER" Gianfranco Brebbia e il cinema sperimentale degli anni Sessanta-Settanta. Un volume di Giovanna Brebbia. Prefazioni di Fabio Minazzi e Mauro Gervasini. Edito nel 2015 da Mimesis / Centro Internazionale Insubrico.

COLLE, RESINE, ACRILICI, METALLO, VETRO, UNIVA E ASSEMBLAVA LA MATERIA E I COLORI IN UN MIX DI TRIDIMENSIONALITÀ FANTASTICA

di  Gaby De Martini

Gaby De Martini (cfr. Foto n. 142), genovese, amica di famiglia, oggi pubblicitaria, frequentò assiduamente casa Brebbia dagli ultimi anni Sessanta ai primi anni Settanta. Fu testimone dell’attività artistica figurativa di Brebbia, condividendo con l’amico Gianfranco e la sua famiglia, i momenti di ritrovo artistici di quell’epoca. Negli anni Settanta, Gaby era studentessa di grafi ca e design, amante dell’arte, condivideva con Gianfranco idee e opinioni nel campo della ricerca artistica fi gurativa. Gaby, venendo a conoscenza della ricerca sull’attività artistica di Brebbia, ha inviato alla scrivente, il 5 maggio 2014 la seguente testimonianza:

 

«Era una domenica di settembre del 1969, la prima volta che sono andata a Varese ospite della mia amica “Giò”.
Avevo quindici anni quando ho varcato la soglia di casa Brebbia con un “eccomi qua, sono arrivata!”
Adele e Gianfranco, i genitori di Giovanna, erano in salotto ad aspettarmi, curiosi di conoscere questa “Gaby”, “Gabriella”, “Brilli”, estrosa, mutevole allegra ragazzina quindicenne, che sarebbe diventata da lì a poco parte integrante della famiglia Brebbia. Dal 1969 al 1971 quasi tutti i weekend li ho passati con loro, vivendo le loro storie, condividendo la loro gioia e i loro dolori.
Adele era una donna bellissima, buona e generosa. Gianfranco, affascinante e misterioso, piccolo ma grande uomo, sempre pronto a mettersi in gioco, sempre disponibile ad aiutare gli amici. Mi ricordava un attore francese, con i suoi basettoni e il ciuffo tipico degli anni 70; aveva un volto molto espressivo e due occhi piccoli ma profondi che ti scrutavano quasi per volerti carpire i tuoi segreti. Era un artista, appassionato di arte e di cinema. Forse, proprio per queste nostre affi nità elettive per l’arte, allora mi piaceva dipingere e adoravo il cinema, nei weekend mi trovavo spesso con Gianfranco a parlare di arte e di artisti, mondo che lui amava e frequentava assiduamente.
Andavo sempre con Gianfranco e Adele agli happenings, gli eventi che promuovono l’effimero, il mutevole, il riavvicinamento tra arte e vita, negli anni Settanta molto di moda. Mi ricordo gli happenings alle vecchie Fornaci di Cunardo, dove s’improvvisava musica, poesia e pittura, luogo d’incontro, tra artisti, galleristi, curiosi ecc. dove Gianfranco non mancava mai, partecipava attivamente allo spettacolo e si divertiva a filmare le performance degli artisti creando arte nell’arte.

Gianfranco amava il cinema, era la sua grande passione: girava sempre con la sua cinepresa una... per cogliere quegli attimi, quelle espressioni, quelle situazioni uniche. Le catturava e montava i suoi super otto in maniera talvolta grottesca, ma sempre con un fondo di poesia per trasmettere allo spettatore la sua visione della vita.

 

In casa in Piazza Monte Grappa, aveva una parete piena zeppa di filmini super otto, girati negli anni, principalmente
in bianco e nero, perché diceva “il bianco e nero è più intenso e mette in luce gli stati d’animo degli attori”.
Parlavamo spesso fi no a tarda notte, in pigiama seduti sul divano, sigaretta in bocca, della sua giovinezza, del suo grande dispiacere di non aver studiato da ragazzo, dei suoi sogni nel cassetto tra i quali quello di girare un lungometraggio e di poter fare una grande mostra dei suoi quadri...
Sì i suoi quadri, Gianfranco iniziò a dipingere alla fi ne del 1969 su materiale di recupero, ispirandosi al filone dell’arte povera così definita e portata avanti dal critico Bonito Oliva.
Opere originalissime, fuori dagli schemi, quando creava e “costruiva” i suoi pezzi, si trasformava nell’artista Gianfranco Brebbia, il suo essere più congeniale, la fi gura che aveva sempre sognato di essere nella vita e, in quei momenti creativi si staccava e scappava dalla realtà e dal quotidiano per potersi realizzare. Colle, resine, acrilici, metallo, vetro, univa e assemblava la materia e i colori in un mix di tridimensionalità fantastica.
Caro Gianfranco, sei stato il mio piccolo, grande artista, che porterò per sempre nel mio cuore.
Gaby».

Gaby De Martini, E-mail inviata da Gaby De Martini a Giovanna Brebbia il 5 maggio 2014.